Blackprotest a Varsavia: l’utero è mio, e se fosse possibile, lo vorrei gestire io

VARSAVIA – Lunedì 3 Ottobre la temperatura è scesa considerevolmente a Varsavia rispetto al soleggiato e tiepido weekend, la pioggia è scesa incessante per tutto il giorno e, uscendo per strada, pareva proprio di essere ad un funerale: la maggior parte delle persone era vestita di nero.

Ma non è questo che mi ha colpita – io mi vesto quasi sempre di nero; a colpirmi sono state le quattro enormi foto di feti abortiti che ho trovato davanti alla sede dell’Università di Varsavia. Le immagini erano terribili e nessuno, comprensibilmente, vi si soffermava. Un megafono lì parlava solitario. Era il movimento pro-life.

Ben più persone richiamava il megafono sull’opposto marciapiede, dove una donna vestita di nero distribuiva i volantini della protesta che si sarebbe svolta alle ore 15.30 in Stare Miasto, la grande piazza che delimita l’inizio della Città Vecchia.

Varsavia

Lunedì, in Polonia circa 45’000 di persone, in particolare donne, hanno scioperato, bloccando intere aziende ed esercizi, che si sono trovati costretti a chiudere la giornata lavorativa alle 15 per permettere ai propri lavoratori di andare a protestare, le bambine non sono andate a scuola e l’outfit per tutti era total black.

L’atmosfera era appunto quella di un funerale, ma per chi era questo lutto? Il lutto era, ancora, per l’ennesima volta, ancora nel 2016, ancora nello sviluppato occidente, per i diritti delle donne.

In particolare la protesta è stata contro il disegno di legge, proposto tramite iniziativa legislativa popolare dalla conservatrice “Ordo Iuris”, un istituto di consulenza legale. Questa proposta di legge è stata appoggiata da una buona percentuale dei rappresentanti del partito di governo “Diritto e Giustizia”, di Jarosław Kaczyński.

L’attuale legge sull’aborto in Polonia risale al 1993 e lo vieta se non in soli tre casi ben precisi: in caso di malformazione o malattia del feto, in caso di possibile morte della madre e in caso di stupro. Ci possiamo quindi rendere conto che già l’attuale legge va contro i diritti delle donne, che si trovano obbligate a portare avanti gravidanze indesiderate e crescere figli non voluti, se non vengono abbandonati subito dopo la nascita.

La proposta di legge discussa in questi giorni nel parlamento di Varsavia propone invece di eliminare anche questi tre casi e propone, per la donna che praticasse l’aborto e per il medico che lo permettesse, tre anni di carcere.

Lunedì eravamo circa 20’000 persone in Stare Misto, e il partito di governo non ha potuto non ascoltare una così forte voce proveniente dalla società civile polacca che ha addirittura fatto sentire la sua eco in tutto il mondo, addirittura in Kenya, dove un gruppo di donne è sceso in strada a dimostrare la propria solidarietà con le donne polacche. La proposta di legge è stata quindi bocciata dalla commissione specializzata per “Giustizia e Diritti Umani”, che l’aveva ricevuta in seguito all’approvazione del Parlamento di pochi giorni prima. Kaczyński, che fino a questo momento non si era espresso ufficialmente, ha dovuto ammettere che un passo indietro risulta oggi necessario.

La proposta legislativa è quindi tornata indietro al Parlamento, che dovrà votare, per la seconda volta lo stesso testo. Ma questa volta le opinioni sono molto più positive.

Mentre nei Paesi Bassi entra nel dibattito pubblico la possibilità di obbligare le coppie non reputate all’altezza della paternità alla contraccezione, in un altro paese dell’Unione Europea, ad esso poco distante, si discute di obbligare le donne a diventare madri, anche quando non lo vogliono, anche quando non possono, per ragioni economiche, per ragioni etiche, per ragioni morali.

Essere genitori è ormai diventato un lusso, una condizione privilegiata, una condizione derivante, sì dal mercato del lavoro, ma anche dalla sempre più profonda individualizzazione che soprattutto la categoria femminile sta subendo grazie alla sempre più massiva scolarizzazione e la contemporanea flessibilizzazione del lavoro che le vede protagoniste.

Nella società post-moderna il figlio, e uno solo figlio, come teorizzava Ulrich Beck nel 1989, quando la Polonia stava ancora raggiungendo la sua indipendenza dall’URSS e la legge era come quella odierna, è l’alternativa finale alla solitudine, l’importanza del figlio cresce, è l’ultima relazione privata rimastaci, e non può essere assolutamente imposta.

Per non parlare di quanti danni un’educazione non adeguata può creare in una persona, quanta insicurezza e depressione.

Come ha detto il Ministro degli Esteri polacco, Witold Waszczykowski, dopo la protesta, “lasciamole divertire”. Ecco caro Witold sì, lasciateci divertire, ma lasciateci anche lavorare, lasciateci votare, lasciateci studiare ma soprattutto Witold, lasciateci l’autodeterminazione.