Un ricordo del presidente Ciampi

Della morte del Senatore Ciampi c’è un lato malinconico che credo percepisca chi, proprio negli anni del suo settennato, per la prima volta scopriva l’esistenza della politica e delle istituzioni.
A quel tempo la loro conoscenza era ancora acerba e magari anche dopo sarebbe rimasta poco più che una vaga impressione. E tuttavia era bello che quelle cose (lo Stato, la Repubblica, la Costituzione…) dai nomi misteriosi e altisonanti avessero a che vedere con lui, che in qualche modo esistessero per mezzo di lui.

Quando il due giugno planava con la Flaminia sui Fori Imperiali, circondato da una nuvola di Corazzieri, in Carlo Azeglio Ciampi non arrivava un qualsiasi uomo pubblico di una certa importanza né un anonimo politico di rango: con lui appariva la Presidenza della Repubblica stessa ed egli (persona notoriamente mite e moderata) incarnava l’istituzione- paradossalmente- con la potenza simbolica di un monarca. Il cerimoniale vale per tutti, ma con lui acquisiva una solennità speciale. Forse perché, dicono, a simboli come il tricolore o l’inno era più attaccato di molti altri e li viveva con maggiore intensità.

Eppure-anzi, probabilmente proprio per questa ragione- nei discorsi del Presidente non ricordo retorica tronfia ma adesione sincera e appassionata ai valori repubblicani, genuino patriottismo costituzionale, robusta cultura umanistica: tutte qualità che anche l’ultimo degli ascoltatori avrebbe colto e che, infatti, lo hanno accreditato come “rappresentate dell’unità nazionale” pure davanti a un popolo tradizionalmente disincantato e diviso come gli italiani; come se certe parole, se dette da lui, avessero un senso che altri non riuscivano a trasmettere.
Faccio parte di quelli (credo davvero siano una generazione) per cui “il Presidente della Repubblica Ciampi” è stato il primo di cui avere coscienza e per un tempo tanto lungo e significativo da rimanere una figura pressoché impossibile da sostituire, quasi l’organo si identificasse con la persona e non il contrario; per me rimane “il Capo dello Stato” (come lo chiamava il mio nonno) per antonomasia. E pensare che i suoi meriti vanno ben oltre la sua permanenza al Quirinale, la quale di essi fu semmai conseguenza e coronamento.

Sabino Cassese ebbe a descriverlo come “un uomo pieno di virtù” e, per quello che vale, sono grato di essere cresciuto con un esempio simile. Di tale onore sono indegno, certo: ma nondimeno essere stati testimoni della Presidenza di Carlo Azeglio Ciampi chiama a provare, almeno a provare, ad impegnare le proprie forze per qualcosa che va oltre se stessi.

Jacopo Mazzuri