Elezioni presidenziali in Austria: a “gun-carrying Europe”?

Lo scorso 24 aprile, in occasione delle elezioni presidenziali, la destra nazionalista austriaca ha riportato un grande successo.

Guidato dal candidato Norbert Hofer – 45 anni, ingegnere informatico -, il Freiheitliche Partei Österreichs (Partito della Libertà austriaco) ha infatti ottenuto il 36,7 % delle preferenze al primo turno, eliminando dal ballottaggio i candidati dei due partiti più grandi, quello popolare e quello socialista.

I popolari e socialisti hanno perso negli ultimi anni una grande fetta di consenso. In quest’ultima campagna elettorale si sono dimostrati incapaci di presentare candidati che simboleggiassero un effettivo rinnovamento. Hofer ha così potuto fare leva sull’incapacità dei partiti tradizionali di rinnovarsi, sottolineando in particolare il carattere compromissorio dei governi austriaci degli ultimi anni.

La grande affermazione di Hofer non era del tutto inaspettata, ma nemmeno si immaginava che il FPÖ potesse raggiungere percentuali così alte e distaccare di 15 punti il favorito Alexander van der Bellen, 72 economista candidato dei Verdi.

Al ballottaggio andranno appunto Hofer, che si dichiara convinto di riuscire ad avere la meglio sul suo avversario, e van der Bellen, che sembra avere possibilità di vittoria più concrete in quanto può contare sui voti dei socialisti e su una fetta dei voti popolari. Fondamentale sarà, inoltre, vedere quale direzione prenderà il 19% di voti che al primo turno sono andati alla candidata indipendente Irmgard Griss.

Il 45 enne ingegnere, dal volto pacato ma famoso per andare in giro con la sua pistola – il The Guardian in un recente articolo lo definisce il “gun-carrying candidate” -, ha basato la sua campagna elettorale sull’ euroscetticismo e sulla proposta di politiche anti immigrazione. Proprio quest’ultima rappresenta un nodo centrale. L’affermazione di Hofer avviene infatti in un periodo di forti tensioni al confine italo-austriaco del Brennero, lungo il quale le autorità austriache hanno progettato di erigere, qualora l’Italia non rendesse più stretti i suoi controlli, una recinzione in funzione anti – migranti lunga 400 metri.

Non solo, il 27 aprile il Parlamento austriaco ha approvato una nuova e molto stringente legge sull’immigrazione. La legge prevede, tra le altre cose, la possibilità di espellere richiedenti asilo nel giro di un’ora nel caso in cui le autorità competenti dichiarino lo “stato di emergenza”.

Il passo del Brennero sta diventando il centro del dibattito politico tra chi sostiene la necessità di risolvere la questione migratoria a livello europeo e chi invece propone misure restrittive e di chiusura. L’Unione Europea sta dimostrando evidenti difficoltà nell’affrontare questo problema con un approccio comune, contribuendo così a generare zone di malcontento in cui i partiti ultranazionalisti riescono ad insinuarsi senza nemmeno troppe difficoltà.

Il caso austriaco lo dimostra: il sentimento nazionalista sta tornando, seppur in una versione per così dire “aggiornata”, a ricoprire un ruolo in politica.

La sfiducia genere disinteresse, che può essere riconvertito in interesse solo da chi offre – o promette di offrire – soluzioni rassicuranti ed immediate. Al momento i partiti populisti di destra, complici le carenze strutturali dell’Unione Europea ed una certa tendenza a non superare gli egoismi nazionali -guarda caso! – sembrano essere maggiormente in grado di offrire risposte di questo tipo.

Il 22 maggio ci sarà il ballottaggio che sancirà il vincitore delle elezioni presidenziali austriache. Comunque vada, Hofer e il FPÖ hanno mandato un segnale forte. L’insicurezza che caratterizza il contesto odierno richiede risposte, chiare e quanto più immediate. Le istituzioni europee e gli Stati membri dovrebbero prendersi la responsabilità di offrire questo tipo di risposte in un quadro di risoluzione comune dei problemi. Altrimenti continueremo ad accontentarci di soluzioni di breve termine, di recinzioni e leggi restrittive. Ma i problemi in questo modo non verranno risolti. Rimarranno lì, dietro le recinzioni, in attesa che qualcuno si occupi davvero delle loro cause.

Matteo Marenco

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