Islam e Occidente: scontro di civiltà?

A seguito dei recenti avvenimenti ho ritenuto opportuno fare un’analisi su cosa sia l’Islam e per quale motivo il termine jihad assuma agli occhi di parte dell’opinione pubblica occidentale un significato dispregiativo.

Mondi occidentali e mondi islamici sono sempre più protagonisti sulla scena internazionale. Da un lato, l’Islam potrebbe percorrere la via della modernizzazione avvicinandosi all’Occidente. Una modernizzazione che costringe tuttavia ad una perdita di identità rispetto al rapporto tra società e religione. Dall’altro lato, l’Occidente è sempre più in difficoltà nel sostenere gli oneri del mercato globale, della democrazia e della sicurezza, indebolendosi rispetto alle altre società emergenti.

Le nostre società sono in continua e rapida trasformazione e questo rende difficile una graduale convivenza armoniosa tra culture differenti. Siamo in presenza di un processo incessante di cambiamento e innovazione in cui gli individui non hanno il tempo necessario per integrarsi e adattarsi. Il quadro delle relazioni transnazionali si complica in quanto l’Islam non rappresenta solo una fede ma anche un codice etico e sociale.

L’Islam è una religione monoteista in cui si riconoscono oltre novecento milioni di persone. Tuttavia, i musulmani si differenziano tra loro per etnia, lingua, appartenenza socio-politica, culturale e teologica.

Nell’immaginario culturale occidentale diffuso l’Islam appare una fede con una propensione alla violenza e alla aggressività.

Analizziamo più nel dettaglio cosa significa Islam: questa parola deriva dalla parola “slm” che significa “essere incolume”, “essere sicuro”, o più precisamente “rimettere qualcosa al giudizio di qualcuno”. Tuttavia, tale termine viene identificato anche con “concreta ed attiva sottomissione alla volontà di Dio Unico”. Inoltre “Islam” è legato alla parola “salam” che vuol dire “pace”. Al riguardo ci tengo a sottolineare un concetto linguistico inerente al termine “salam”, ovvero “as-salam ‘alaykum[1] (che significa che la pace sia con te) tipica espressione con cui i musulmani si salutano.

Un elemento chiave, per comprende la realtà islamica, è la condotta del musulmano che deve essere conforme e rispettosa nei confronti della volontà divina. Proprio da questo fattore discende l’aspetto totalizzante dell’Islam.

L’Islam ha origine dalla rivelazione del Corano al Profeta Muhammad avvenuta nel 610 d.C. “Il libro sacro dell’Islam è la suprema fonte del diritto islamico. È considerato ‘increato’ poiché rappresenta uno degli attributi eterni di Dio, pertanto la sua esistenza non può essere considerata frutto di una attività umana. Il Corano è, infatti, parola di Dio (kalam Allah)”.[2]

Ed è proprio tramite il Corano che Allah comunica la sua legge al fedele per avere una giusta condotta. L’insieme di norme di derivazione religiosa che regolano la vita del musulmano prendono il nome di Shari’a che significa letteralmente ‘retta via’; in Occidente, invece, il diritto e le sue fonti sono indipendenti dalla dimensione religiosa.

Nella nostra società il termine ‘jihad’ ha assunto spesso un significato dispregiativo dovuto all’uso improprio che ne fanno i fondamentalisti islamici. Il suo significato originale è “sforzo” o “lotta”, è da qui che tale termine viene mal interpretato assumendo una connotazione negativa. Il principale errore che viene fatto è collegare il termine ‘lotta’ con quello di “guerra santa”. Il credente può intraprendere la “jihad con il cuore, con la lingua, con le mani, oppure con la spada”.[3] Secondo il sociologo Khaled Fouhad Allam si possono identificare due significati di jihad, uno massimalista e l’altro minimalista:

  1. “Minimalista: ha significato di ricerca interiore, di sforzo individuale e collettivo teso alla ricerca di un ideale, che affermi la giusta protezione dell’Islam e l’unità della comunità.
  2. Massimalista: una teoria della guerra giusta che come afferma Jean-Paul Charnay, sancisce l’uso della violenza in una situazione di guerra, legittima l’azione violenta e trasforma il musulmano in un combattente. Con lo jihad si rinnova il patto fra Dio e gli uomini nel momento di tensione”.[4]

Il sintagma “Fondamentalismo islamico” in origine designava gruppi di diversa matrice religiosa. Con il passare del tempo ha assunto una connotazione negativa identificandosi con ‘fanatismo religioso’. Identificandosi, in particolar modo, con il desiderio di voler tornare al passato. Un passato inteso come ritorno alle origini mitiche della religione. Ed è a partire da questo che si determina una tensione conflittuale con la realtà in cui viviamo. Una realtà sempre più laica, in continuo divenire e mutamento. Tale cambiamento viene percepito dai fondamentalisti con smarrimento, come alienazione della sfera sacra, religiosa. Per questo, dal loro punto di vista, è necessario battersi per preservare i valori più sacri. Battersi attraverso una ‘guerra santa’.

Il carattere principale che distingue le due civiltà è il ruolo della religione. Nella società occidentale si ha una netta separazione tra la dimensione religiosa e quella giuridica. Tale processo non è stato immediato ma l’esito di secolari guerre di religione. È con la pace di Westfalia del 1648 che quello che noi definiamo ‘Occidente’ ha visto un passo in avanti nella costruzione di uno stato laico. Per quanto, invece, concerne i paesi islamici la sfera privata e pubblica, e quella religiosa e giuridica, non sono separate. Il diritto, infatti, è parte integrante della dimensione religiosa. Proprio per questo motivo alcuni, come Samuel Huntington, parlano di scontro di civiltà, di un concepire la vita delle proprie società in modo totalmente differente e conflittuale.

Valentina Roselli

[1] Terminologia descritta in Ruthven M., “Islam”, Einaudi, Torino, 1999.

[2] Papa M., Ascanio L., “Shari’a. La legge sacra dell’Islam”, Il Mulino, Bologna, 2014, p. 29.

[3] Ruthven M., “Islam”, op. cit.

[4] Khaled Fouad A., “L’Islam globale”, Rizzoli, Milano, 2002, pp. 125-126.