Il Regolamento di Dublino: l’Unione Europea e una riforma necessaria

L’attuale crisi dei rifugiati sta mettendo a dura prova il sistema comune d’asilo europeo. Una riforma sostanziale del Regolamento di Dublino sembra essere sempre più necessaria. Un certo grado di consapevolezza istituzionale si sta sviluppando, anche se la strada da percorrere pare ancora molto lunga.

Nel 1990 l’Unione Europea non esisteva ancora, da pochi mesi era caduto il Muro di Berlino e la moneta unica era ancora ben lontana dall’entrare in vigore. Il 15 giugno di quell’anno dodici Stati – Belgio, Danimarca, , Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Regno Unito – firmavano la “Convenzione sulla determinazione dello stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli stati membri delle Comunità Europee” – comunemente conosciuta come Convenzione di Dublino. La Convenzione si proponeva un duplice obiettivo: evitare movimenti migratori secondari irregolari all’interno della Comunità e combattere il fenomeno delle richieste d’asilo multiple – “asylum shopping” – insieme a quello dei cosiddetti “rifugiati in orbita”, richiedenti asilo rimbalzati da uno Stato all’altro perché nessun governo accetta di farsi carico della loro richiesta. Stabiliva inoltre che il paese d’arrivo di un richiedente asilo sarebbe anche stato il paese che si sarebbe occupato della sua richiesta di protezione.

La Convenzione veniva poi trasformata in Regolamento nel 2003 tramite l’emanazione del Regolamento di Dublino II, a sua volta sostituito dal Regolamento Dublino III nel 2013. Quest’ultimo, nonostante rafforzi la Convenzione, non ne muta la sostanza. I principi fondamentali rimangono quelli del 1990.

L’attuale “Sistema di Dublino”, seppur modificato più volte, ha dunque le sue radici in una Convenzione firmata 25 anni fa, in un contesto internazionale radicalmente diverso. La recente crisi dei rifugiati del 2015 ha messo impietosamente a nudo questa debolezza strutturale. Di fronte all’aumento costante delle richieste d’asilo, avvenuto a partire dal 2008 e causato principalmente dalle tensioni geopolitiche in Nord Africa e in Medio Oriente, Dublino si è rivelato – e continua a rivelarsi – inefficace. La sua forma attuale non garantisce infatti alcun meccanismo di “burden sharing”, ossia di suddivisione degli sforzi derivanti dall’accoglienza dei rifugiati. Il peso della maggioranza delle richieste d’asilo si concentra sugli Stati di frontiera in quanto primi Stati in cui i richiedenti approdano. Alcuni Stati devono dunque farsi carico di un peso maggiore rispetto ad altri. In aggiunta, Dublino III presenta un altro problema di considerevole rilevanza. Il sistema trascura infatti completamente – salvo alcune eccezioni – la volontà del richiedente asilo, incentivando così i movimenti irregolari all’interno dell’Unione, proprio l’esatto opposto di ciò che sin dall’inizio si è proposto di fare.

Dublino risulta evidentemente inadeguato ad affrontare il contesto odierno. Ulteriori riforme si rendono necessarie, è la portata dei flussi di richiedenti asilo che lo richiede.

Negli ultimi mesi le istituzioni europee hanno preso importanti iniziative a questo riguardo. Il 13 Maggio 2015 la Commissione ha pubblicato la European Agenda on Migration, documento significativo che testimonia consapevolezza ed ammette i limiti strutturali del sistema europeo comune d’ asilo. L’Agenda parla esplicitamente di “relocation”, vale a dire la redistribuzione dei rifugiati tra gli Stati membri secondo criteri in grado di garantire una maggiore equità, e di “resettlement, ovvero il trasferimento di individui in evidente necessità di protezione internazionale da un paese terzo ad uno Stato membro. I meccanismi di relocation e resettlement, anche se ancora del tutto insufficienti nella loro portata, iniziano a dare i loro primi frutti. A settembre 2015 il Consiglio Giustizia e Affari interni ha deciso – con scadenza a due anni – la riallocazione dall’Italia e dalla Grecia di 160.000 richiedenti asilo. All’11 aprile solo 1145 richiedenti asilo sono stati riallocati, il che testimonia la lentezza del sistema. Lo schema di resettlement, invece, proposto dall’Agenda in Maggio ed approvato nel luglio 2015 ha portato finora al trasferimento da stato terzi a Stati dell’Unione di circa 5600 persone in evidente necessità di protezione internazionale.

La Commissione europea continua ad essere molto attiva in questo ambito. È del 6 Aprile, infatti, la Comunicazione intitolata: “Verso una riforma del sistema comune d’asilo europeo ed un miglioramento delle rotte legali per raggiungere l’Europa”. Tramite questo documento, la Commissione auspica ancora una volta una maggiore concertazione a livello europeo nel fronteggiare la sfida dei massicci arrivi di migranti. Non solo, viene sottolineata l’importanza di una redistribuzione più equa dei richiedenti asilo e la necessità di adottare criteri di redistribuzione basati sulla grandezza del paese, sul prodotto interno lordo e sulla popolazione.

Di fronte alla recente crisi del 2015, la necessità di riformare Dublino si è resa palese. Come testimoniano le iniziative citate sopra, un certo grado di consapevolezza istituzionale, spesso punto di partenza fondamentale per i cambiamenti in politica, esiste. Dall’altra parte, tuttavia, segnali di resistenza, riguardanti soprattutto la ridistribuzione dei richiedenti asilo in maniera più equa tra i Paesi membri permangono. La solidarietà fa fatica a prevalere sulla necessità di garantire quanta più stabilità politica possibile all’interno dei propri confini. L’urgenza di affrontare alle radici l’attuale crisi migratoria e umanitaria– in larga misura riguardante richiedenti asilo – troppo spesso sembra non essere vista o, meglio, non essere ascoltata per preferire sterili soluzioni di breve periodo.

Siamo certamente consapevoli che i tempi per riformare un sistema come quello di Dublino sono lunghi anche in caso di una ferma volontà politica. L’attuale crisi migratoria è però un banco di prova molto significativo per l’Unione Europea e per la solidarietà tra i suoi Stati membri. Ci auspichiamo, dunque, che si vada verso una revisione sostanziale dell’attuale politica europea d’asilo. A meno che non si vogliano continuare ad affrontare problemi di oggi con Regolamenti di ieri, sviluppati, come raccontato in precedenza, in un contesto storico e politico completamente differente.

Matteo Marenco